Andriy cammina - Racconto breve #13

marzo 17, 2022

 


Quello che segue qui in basso è un racconto. Ma, stavolta, è anche maledettamente reale.

Andriy cammina


Andriy cammina. Ha otto anni.
Chissà se la cioccolata che ha in mano e nella busta basterà a farlo stare di buonumore.
Solo pochi giorni prima, aveva camminato con il suo compagno di banco all'uscita di scuola, avevano scherzato imitando la voce stridula dell’insegnante e giocato ad Among Us lungo la via del ritorno verso casa, dandosi appuntamento al giorno dopo: li aspettava un difficile compito di matematica. A casa aveva pranzato, studiato un po', visto la TV e ricevuto un abbraccio stranamente più forte da parte di suo padre. Si era addormentato e aveva dormito così così, in attesa di quel compito.

La mattina, però, suo padre lo aveva chiamato per dirgli di preparare le sue cose in una piccola busta. Sul momento aveva esultato, forse era in programma una gita a sorpresa! Niente più compito in classe! Aveva preparato con gioia la busta, riempiendola di cioccolata e videogiochi. Ma quando lo aveva guardato in faccia, tutto era improvvisamente cambiato. In un solo colpo. In modo surreale.
Aveva ascoltato quel che diceva, ma non realizzava ancora. No, non poteva proprio essere così, da un giorno all'altro. Era uno scherzo. Gli aveva detto che doveva muoversi verso ovest e poi verso il confine, e che doveva farlo da solo. Gli aveva preparato scorte di cibo. Suo padre era un ufficiale, gli era proibito lasciare la città, e la mamma non era più con loro da molti anni ormai, ne aveva solo un vago ricordo.
Quindi si erano messi in cammino. Lo aveva accompagnato per un po', fino ai margini della città, poi lo aveva salutato stritolandolo e trattenendo le lacrime.
Gli aveva detto che gli uomini non piangono, che doveva già essere uomo, che lo stava facendo per il suo bene, che doveva vivere. Di prendere quella strada e camminare senza mai cambiare direzione, di seguire tutti gli altri. E lui lo aveva fatto. Lo sta facendo ancora adesso.
Non voleva questo, quando aveva sperato di non fare il compito di matematica.
Non vuole più nemmeno quella cioccolata, quei pochi giocattoli raccolti nella busta che trascina via con sé da quell'inferno.

Andriy cammina. Da solo. Ha freddo, è stanco, ma va avanti. Alle sue spalle sente distintamente quei fischi seguiti da un enorme frastuono. Ha otto anni, ma sa che sono bombe. Nei giorni precedenti gliene avevano parlato a scuola, ma non ci credeva. E ora non si spiega perché stia davvero succedendo.
Piange, ma cammina imperterrito, fa quello che gli ha detto suo padre.
Sono passati tre giorni. Lo smartphone, scarico, è durato un giorno. Ha attraversato città, si è riparato da altre bombe, ha superato check point. Gli occhi hanno dovuto posarsi su rovine, sangue, incolpevoli corpi abbandonati di uomini, donne, ragazze, ragazzi. Scaccia le immagini dalla mente, ma non le dimenticherà mai.
In tutto quel tempo, soltanto un adulto, poche ore prima, gli ha messo una mano sulla spalla e gli ha detto: «Fatti coraggio, è la guerra».
Lui lo ha guardato, senza rispondere nulla. Cosa poteva rispondere?

Finalmente vede il confine.

Il futuro può essere ancora davanti, ma quale futuro? Piange ancora, non riesce proprio a fermarsi.
Cosa vogliono da lui quelle bombe? Perché sta succedendo tutto questo? Fino a quattro giorni prima aveva solo un compito di matematica tra sé e la libertà. Non trova un senso. Si aggrappa a quel flebile ricordo di sua madre.

Piange. Cammina e varca il confine.
No, non è un uomo, è solo un bambino. Non sa se riesce a farsi coraggio.
E no, la cioccolata non basta.

© Fabio Mele 2022

Rilascio il racconto con licenza CC BY-ND 3.0 IT:
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Immagine 1: foto di Josh Campbell.

Immagine 2: propria.

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